martedì 4 agosto 2009

Andreas-Salomé Lou, Riflessioni sull'amore


Andreas-Salomé Lou, Riflessioni sull'amore

Anno 2005

pp. 80

Euro 10,00 - Prezzo scontato euro 4,00


"Osar tutto e non aver bisogno di niente": questo il motto che si scelse Louise von Salomé. I suoi saggi rispecchiano in modo esemplare i fermenti e i problemi di fine secolo e la situazione della donna intellettuale in quella società. Inoltre l'aristocratica letterata cosmopolita, amica di Wedekind, Strindberg e Schnitzler, "persecutrice" di Nietzsche e amante di Rilke, moglie dell'iranista F. C. Andreas, discepola prediletta di Freud ha conquistato un posto particolarissimo nella storia della teoria psicoanalitica.

RECENSIONE SULL'INDICE

Quando Lou Andreas Salomé scrive queste sue riflessioni sul tema erotico amoroso, ha alle spalle buona parte della sua vita. Siamo al principio del Novecento (morirà nel '37), il rapporto triangolare con Friedrich Nietzsche e con Paul Rée si è chiuso per sempre – restano di quello straordinario esperimento esistenziale le lettere raccolte di recente da Ernst Pfeiffer (Adelphi, 1999) –, come per sempre è finita la relazione con Rainer Maria Rilke – del loro viaggio in Russia leggiamo ancora In Russia con Rainer (Bollati Boringhieri, 1994) –, ma un nuovo incontro condiziona la sua vita, quello con Sigmund Freud. Il breve saggio che gli Editori Riuniti ripropongono dopo l'edizione del '97, contiene forse i frutti più interessanti che le derivarono dalle sue eccezionali frequentazioni. Con una scrittura che rifugge certi tecnicismi freudiani e che invece è assimilabile al saggismo corrente dell'epoca, Lou Andreas Salomé afferma l'assoluta indipendenza dell'eros rispetto al sentimento amoroso: "Come nessun esso ci colma l'anima di illusioni e idealizzazioni di carattere spirituale e allo stesso tempo ci riporta brutalmente, inevitabilmente, al donatore di tale eccitazione, al corpo". Il desiderio sessuale è dunque la più assoluta delle certezze nel campo del dominio amoroso, l'istinto che lo guida è infallibile: "La passione non sbaglia nelle sue impressioni fisiche, mai; in ciò i suoi istinti non possono ingannarsi, ne è sicura". Un'affermazione cosiffatta in quanto si differenzia e si allontana dalla condivisione con l'ideale neoromantico che l'aveva unita, in altri anni, a Rilke. Il dominio dell'istinto dunque con le sue modalità, i suoi tempi e la sua durata: "In tutti i veri amori ci fidiamo del giudizio immediato e irresistibile dei nostri nervi, piuttosto che delle valutazioni più lucide della nostra coscienza e di ciò che essa osserva". Il desiderio si consuma "poiché si rimane 'due' così raramente, poiché l'unità significa di solito una mutilazione". Infine, vittime consapevoli di questa irriducibile ambiguità, gli amanti sono gettati in "un eterno rimanere estranei nell'eterna vicinanza" che è "il segno più pertinente e inalienabile di ogni amore in quanto tale: non solo nel disprezzo o nell'amore non ricambiato, ma dappertutto, ovunque dove ci si ama, l'uno sfiora l'altro lasciandolo poi a se stesso". Ovvero la solitudine sostanziale dell'innamorato che Roland Barthes ha codificato e strutturato in una vera e propria "lingua"in un notissimo libretto (Frammenti di un discorso amoroso, Einaudi, 2005) dove, non a caso, una delle fonti d'ispirazione è la stessa Lou Andreas Salomé. Camilla Valletti


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