mercoledì 29 luglio 2009

Toscana David, L'ultimo lettore



DISPONIBILE DA SETTEMBRE

Toscana David, L'ultimo lettore

Anno 2007

pp. 219

Euro 15,00/ Prezzo scontato 5,00 euro

A Icamole, paese sperduto in una landa messicana vessata dalla siccità, viene trovata una bambina morta in fondo a un pozzo. Il responsabile della biblioteca abbandonata consiglia il romantico occultamento del cadavere, gesto che, secondo i suoi libri, li salverà dalla maledizione eterna e dall'oblio. Una favola moderna e surreale sulla forza della letteratura, sul valore della morte e della solitudine.

RECENSIONE de L'indice

Lucio, il bibliotecario dello sperduto villaggio messicano di Icamole, vive sepolto tra i libri che sono allo stesso tempo l'oggetto della sua adorazione e il bersaglio della sua critica iraconda e spietata. Il bibliotecario ha adottato una forma di censura che non ha nulla a che vedere con l'ideologia o con la morale, bensì esclusivamente con canoni estetici e con il rispetto di una rigorosa onestà artistica: quando ritiene che l'autore sia venuto meno a quest'unico impegno, appone al libro il timbro "censurato" e lo scaraventa attraverso una feritoia in una stanza sigillata, dove migliaia di opere respinte si accatastano alla mercé di insetti e parassiti. La cosa più assurda è che lo stato ha chiuso la biblioteca da anni, per mancanza di lettori, e Lucio continua a mandarla avanti da sé, senza stipendio, senza che nessuno ci spieghi da dove continui ad arrivare la fornitura di nuovi libri.
A Icamole impazza una siccità che ricorda le piaghe bibliche o un'incantata maledizione di Macondo. Remigio, che intuiamo essere il figlio di Lucio, rinviene in fondo a un pozzo il corpo di una bambina. Non sappiamo chi ve l'abbia gettata, né se il colpevole possa addirittura essere lo stesso Remigio, in un atto di follia rimosso dalla memoria. Quel che conta è che le storie che attraversano i libri della biblioteca cominciano a intersecarsi con la realtà e il bibliotecario ne diviene regista, utilizzando la finzione narrativa non solo e non tanto per salvare il figlio, quanto per riscattare la figura della bambina, trasfigurandola con poetica delicatezza in personaggio, e così eternandola.
I libri, scopre tuttavia Lucio, non danno alla nostra domanda di necessità materiali e spirituali le risposte che ci saremmo aspettati: perché per loro natura mentono, costruendo realtà alternative che sono semmai una fuga e una negazione di quella in cui ci è toccato vivere. L'unica cosa che possiamo fare è giudicare con severità queste finzioni, premiando quelle che almeno sono state architettate con onestà e punendo le altre con il disprezzo e l'oblio.
È David Toscana per primo a darci una prova di questa sorta di patto sociale tra autore e lettore, scrivendo un romanzo che non indulge mai in facili soluzioni, sfiorando appena il realismo magico ma senza cadere nelle sue trappole a effetto, utilizzando piccole dosi di surrealismo sapientemente immerse in un contesto realistico, a volte crudo, a momenti tenero: e se il lettore viene spesso ingannato, fino a sentirsi sconcertato, è per il ripetuto schnitzleriano doppio sogno della realtà, che a Icamole sembra inseguire i libri, e dei libri, che sembrano riprendere e deformare la realtà.
Insomma, in un modo non molto dissimile da 2666 di Bolaño (cfr. "L'Indice", ???), L'ultimo lettore di David Toscana – degno erede della grande narrativa messicana – si apre come apparente omaggio al mondo libresco per esprimere invece una desolata sfiducia nella forza catartica della scrittura ("E adesso i tuoi libri non vengono a salvarti? Non ti basta leggere un romanzo perché dalla tua finestra si veda quel che desideri? Questo succede nei romanzi che mando all'inferno, perché mentono") e gridare a voce alta il valore insostituibile dell'esistenza, dell'individuo che spera di poter sguazzare nel fango dopo un liberatorio acquazzone e che si sporca di sangue e di escrementi: come quando Lucio convince Remigio a sacrificare una capra per capire davvero quale sia la sensazione fisica della mattanza, fatta di tatto, udito e olfatto, e confrontarla con il pallido simulacro della descrizione contenuta nel libro di un certo Santín.
La prima e unica volta che partecipa a un convegno di bibliotecari nella città di Monterrey, Lucio ne ricava solo un senso di frustrazione e disprezzo: "Pensa che gli piacerebbe tanto abbandonare tutti quei bibliotecari in mezzo al deserto; vediamo quanto sopravvivono (…). La loro intelligenza diventerebbe inutile, diventerebbe stupidità, e la mia ingenuità diventerebbe erudizione. Per favore, Lucio, dicci quali piante si mangiano, come si fa per trovare dell'acqua, come si cavalca una mula, come si dorme la notte fra serpenti e coyote".
Quel che resta nell'animo di Lucio (e del lettore) è la pietà per la sorte degli umani e dei loro doppi, pietà per Anamari, la bambina uccisa, e per Babette, la bimba protagonista del libro che prefigura e accompagna il suo destino. Per la madre di Anamari, un'altra lettrice compulsiva, e per Herlinda, la moglie che il bibliotecario ha perso troppo presto. Per il presidente Porfirio Díaz e per Pierre Laffitte, l'autore della Morte di Babette, nei quali si identificano e quasi si reincarnano Lucio e la madre della bimba, in un gioco di citazioni e di interpretazione che trascende nel delirio. Silvio Mignan


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